Blogify Logo

Apple e UE: Dietro le quinte del braccio di ferro sul Digital Markets Act

P

PulseWriter

Jun 5, 2025 16 Minutes Read

Apple e UE: Dietro le quinte del braccio di ferro sul Digital Markets Act Cover

Mi sono trovato davanti al mio iPhone perso in un pensiero quasi comico: se domani lo accendessi e AirDrop non funzionasse più, quanto cambierebbe la mia giornata? E se invece, su pressione dell’Unione Europea, ogni funzione che davo per scontata venisse smantellata una a una? Non parliamo solo di tecnologia, ma di come un braccio di ferro tra Apple e Bruxelles sta ridisegnando i confini di ciò che possiamo (o non possiamo) fare con i nostri dispositivi più intimi. Preparatevi, perché questa è una storia fatta di retroscena, colpi di teatro e una posta in gioco che va ben oltre la solita guerra tra colossi.

AirDrop, AirPods & Co.: Quando la magia Apple rischia l’esilio europeo

Seguendo da vicino il braccio di ferro tra Apple e Unione Europea sul Digital Markets Act (DMA), mi trovo davanti a una situazione che, fino a poco tempo fa, sembrava impensabile: la possibile scomparsa di funzioni iconiche come AirDrop e il pairing veloce degli AirPods dagli iPhone venduti in Europa. Non è solo una questione tecnica, ma un vero scontro di visioni tra chi difende l’unicità dell’ecosistema Apple e chi, come Bruxelles, punta tutto sulle Interoperability Requirements e sulla concorrenza.

La Commissione Europea, con il DMA, impone obblighi chiari: le tecnologie proprietarie di Apple devono diventare interoperabili, cioè accessibili anche a dispositivi e servizi di terze parti. Questo riguarda non solo AirDrop e AirPods, ma anche Apple Intelligence e iPhone Mirroring, già oggetto di restrizioni nel Vecchio Continente. Secondo l’UE, l’esclusività di queste funzioni rappresenta una pratica anticoncorrenziale che limita la scelta dei consumatori e ostacola la concorrenza.

Apple, dal canto suo, non ci sta. Nel comunicato del 3 giugno 2025, l’azienda ha definito le nuove regole europee “profondamente sbagliate e rischiano di penalizzare l’innovazione.”

“Le nuove regole dell’UE sono profondamente sbagliate e rischiano di penalizzare l’innovazione.” - Apple
Cupertino sostiene che la chiusura del proprio ecosistema è imprescindibile per garantire sicurezza, privacy e una user experience superiore. L’apertura forzata, secondo Apple, porterebbe a una “esperienza utente inferiore” per i clienti europei, costretti a rinunciare a quella magia che ha reso celebri i prodotti della Mela.

Ricordo ancora la prima volta che ho spiegato AirDrop ad amici meno tech-savvy: sembrava magia. Bastava un tap e le foto volavano da un iPhone all’altro, senza configurazioni complicate. Oggi, questa semplicità rischia di diventare un ricordo per milioni di utenti europei. Apple valuta seriamente il ritiro di AirDrop e del pairing rapido AirPods piuttosto che cedere alle richieste di interoperabilità dell’UE. Non è solo una minaccia: già in passato, per evitare sanzioni, Apple ha escluso alcune funzioni dal mercato europeo, come iPhone Mirroring, e ha ritardato il lancio di Apple Intelligence.

Il rischio concreto? Gli utenti europei potrebbero trovarsi a pagare il prezzo pieno per dispositivi meno completi rispetto a quelli venduti nel resto del mondo. Una prospettiva che, secondo molti osservatori, avrebbe un Consumer Impact pesantissimo: meno innovazione, meno scelta, meno valore. E tutto questo mentre Apple continua a difendere la propria posizione, sottolineando come la privacy e la sicurezza dei dati siano garantite solo da un ecosistema chiuso e controllato.

La questione della privacy è centrale nella strategia comunicativa di Apple. L’azienda ribadisce che l’apertura di AirDrop e delle reti di pairing comporterebbe la condivisione di dati sensibili con terze parti, un rischio che Cupertino non vuole correre. Secondo Apple, i dati scambiati tramite AirDrop sono criptati e restano sul dispositivo, senza possibilità di accesso nemmeno per la stessa Apple. Tuttavia, questa argomentazione rischia di ritorcersi contro l’azienda: privare gli utenti di funzioni ormai consolidate potrebbe logorare la reputazione del brand e alimentare le critiche di chiusura ed eccessiva arroganza.

Dall’altra parte, anche la posizione dell’Unione Europea non è priva di rischi. Insistere sulle Interoperability Requirements senza compromessi potrebbe alienare non solo Apple, ma anche milioni di consumatori che si ritroverebbero con dispositivi mutilati a causa di norme percepite come punitive. In questo Apple vs EU, il vero prezzo rischiano di pagarlo proprio gli utenti, stretti tra la difesa di un ecosistema chiuso e la promessa di una maggiore apertura e concorrenza.


DMA Compliance: Oltre l’USB-C, un’escalation di richieste (e minacce)

Seguendo da vicino il braccio di ferro tra Apple e l’Unione Europea sul Digital Markets Act (DMA), mi trovo davanti a una situazione che va ben oltre la semplice questione della porta USB-C o delle App Store Changes. Siamo di fronte a una vera escalation di richieste, con la Commissione UE che impone ad Apple modifiche strutturali per garantire maggiore concorrenza e scelta agli utenti. E la risposta di Cupertino non si è fatta attendere: tra ricorsi ufficiali e minacce velate, il clima si fa ogni giorno più teso.

Apple, infatti, ha già dovuto cedere su punti fondamentali. Il passaggio obbligato alla USB-C sugli iPhone e l’introduzione di App Store alternativi sono solo la punta dell’iceberg. La Commissione Europea ha chiesto – e ottenuto – che Apple permetta agli sviluppatori di indirizzare gli utenti verso sistemi di pagamento esterni, scardinando così uno dei pilastri del suo modello di business. Non è un caso che la società sia stata multata per 500 milioni di euro per aver violato queste norme, e che ora abbia meno di 30 giorni per adeguarsi completamente alle nuove regole.

Ma il vero terreno di scontro, oggi, è l’obbligo di apertura delle tecnologie wireless. Il DMA Compliance non si limita più a questioni hardware o di store digitali: ora si parla di interoperabilità di funzioni come AirDrop, il pairing rapido degli AirPods, la comunicazione tra Apple Watch e iPhone. Funzionalità che, fino a ieri, rappresentavano il cuore dell’ecosistema Apple e che ora rischiano di dover essere aperte a terzi.

Secondo quanto riportato da John Gruber, una delle voci più autorevoli del mondo Apple, la società starebbe valutando scenari drastici. Piuttosto che cedere su queste tecnologie, Apple potrebbe decidere di rimuoverle dai dispositivi venduti in Europa. Una minaccia che, se realizzata, priverebbe milioni di utenti di funzioni chiave. E non si tratta solo di retorica: già in passato Apple ha escluso funzioni come Apple Intelligence e iPhone Mirroring dal mercato europeo per evitare ulteriori complicazioni normative.

La posizione ufficiale di Cupertino è chiara: le nuove regole sarebbero “profondamente sbagliate” e rischierebbero di penalizzare solo Apple, lasciando altre aziende esenti dai vincoli del Digital Markets Act. In una nota diffusa il 3 giugno 2025, Apple ha dichiarato che tali misure limiterebbero la capacità di offrire prodotti innovativi e porterebbero a una “esperienza utente inferiore” per i clienti europei. Il messaggio è diretto sia ai consumatori che ai regolatori: “Apple ha sempre difeso la propria coerenza, ma qui la posta in gioco è la sopravvivenza stessa del brand in Europa.”

Dietro questa fermezza, però, si nasconde una tensione crescente. Da una parte, la Commissione UE insiste su una maggiore apertura per favorire la concorrenza e la libertà di scelta. Dall’altra, Apple difende la coerenza e la sicurezza del proprio ecosistema, sottolineando che l’apertura di AirDrop o dei dati di rete implicherebbe la condivisione di informazioni sensibili con terzi. Cupertino afferma che questi dati sono criptati e gestiti esclusivamente sul dispositivo, ma questa argomentazione rischia di ritorcersi contro l’azienda stessa se dovesse davvero privare gli utenti europei di funzioni consolidate.

Il rischio, ora, è che la partita si trasformi in una guerra di logoramento. Se Apple decidesse di togliere dal mercato europeo funzioni come AirDrop o il pairing rapido degli AirPods, gli utenti si troverebbero a pagare lo stesso prezzo per prodotti meno completi rispetto al resto del mondo. E la reputazione del brand, costruita su innovazione e unicità, potrebbe subire un duro colpo.

In questo scenario, il DMA Compliance non è più solo una questione tecnica o legale: è diventato il simbolo di una battaglia più ampia tra apertura e controllo, tra libertà di scelta e coerenza del brand. E la soluzione, oggi, sembra ancora lontana.


Gatekeeper Designation: Perché solo Apple sembra sotto tiro?

Seguendo da vicino il braccio di ferro tra Apple e l’Unione Europea sul Digital Markets Act, la domanda che mi pongo – e che sento risuonare tra molti osservatori – è semplice: perché la Gatekeeper Designation sembra colpire in modo così diretto e quasi esclusivo la casa di Cupertino? Non è solo una questione di multe o di regolamenti, ma di percezione e di strategia. Apple, infatti, non perde occasione per sottolineare come le EU Regulations abbiano un impatto sproporzionato proprio sulla “mela”, lasciando intendere che altri big tech siano, almeno per ora, meno coinvolti o comunque meno penalizzati.

La Commissione Europea ha designato Apple come gatekeeper per iOS, App Store, Safari e iPadOS, imponendo una serie di obblighi che puntano a garantire maggiore interoperabilità e libertà di scelta agli utenti. In particolare, la richiesta di aprire tecnologie come AirDrop e il pairing rapido degli AirPods a terze parti è vista da Bruxelles come un passo fondamentale per abbattere le barriere dell’ecosistema chiuso. Eppure, Apple ribatte con forza: “La chiusura dell’ecosistema è la nostra forza, ma ora diventa la nostra debolezza.” Una frase che, a mio avviso, riassume perfettamente il dilemma che sta vivendo l’azienda.

Non si tratta solo di una questione tecnica. Apple sostiene che la Gatekeeper Designation sia, nei fatti, una punizione per l’esclusività e la coerenza della sua piattaforma. La società lamenta una regolamentazione iniqua, quasi un attacco mirato, mentre altri giganti della tecnologia – pensiamo a Google, Meta o Amazon – sembrano, almeno per ora, meno esposti a richieste così invasive. La sensazione, tra le righe dei comunicati ufficiali e nelle dichiarazioni degli analisti, è che l’Europa abbia scelto Apple come simbolo di un cambiamento epocale, forse perché il suo ecosistema chiuso rappresenta il “peccato originale” che il Digital Markets Act vuole correggere.

I dati parlano chiaro: Apple è stata multata per 500 milioni di euro per aver violato le anti-steering obligations, ovvero per aver impedito agli sviluppatori di indirizzare gli utenti verso sistemi di pagamento alternativi all’interno delle app. Secondo la Commissione, questa pratica limita la concorrenza e danneggia la libertà di scelta dei consumatori. Apple, però, ribadisce che la sua priorità resta la sicurezza e la privacy degli utenti, e che aprire le proprie tecnologie significherebbe esporre dati sensibili a rischi maggiori.

Questa posizione, tuttavia, non convince tutti. Research shows che la chiusura dell’ecosistema Apple, se da un lato garantisce un certo livello di sicurezza, dall’altro limita la concorrenza e riduce le possibilità di scelta per gli utenti europei. È proprio su questo punto che si concentra la battaglia: l’esclusività come valore aggiunto o come ostacolo? La Apple Gatekeeper si trova ora a dover scegliere se sacrificare alcune funzionalità per rispettare le EU Regulations o rischiare ulteriori sanzioni e una reputazione sempre più sotto pressione.

Non è la prima volta che Apple si trova a dover cedere alle richieste dell’Unione Europea. Ricordo il caso della porta USB-C, imposta per garantire interoperabilità tra dispositivi, e quello degli App Store alternativi, che hanno aperto nuove strade agli sviluppatori ma anche nuovi fronti di scontro. Oggi, però, la posta in gioco sembra ancora più alta: la possibilità che funzioni come AirDrop o il pairing degli AirPods vengano rimosse dal mercato europeo, pur di non cedere su principi considerati fondamentali.

In questo scenario, la Gatekeeper Designation non è solo una questione di regolamenti o di multe. È il simbolo di una sfida più ampia tra due visioni opposte di innovazione, concorrenza e controllo dell’esperienza utente. E la sensazione, almeno per ora, è che Apple sia davvero sotto tiro come mai prima d’ora.


Utenti ‘intrappolati’ e la grande promessa dell’interoperabilità

Seguendo da vicino il braccio di ferro tra Apple e l’Unione Europea sul Digital Markets Act (DMA), mi trovo davanti a uno scenario che rischia di cambiare profondamente il rapporto tra consumatori e tecnologia. Il vero rischio? Gli utenti europei potrebbero ritrovarsi con dispositivi mutilati rispetto al resto del mondo, pagando lo stesso prezzo per meno funzionalità. È una prospettiva che, a ben vedere, mette in discussione il senso stesso di innovazione e di equità nel mercato digitale.

Negli ultimi mesi, la tensione tra Cupertino e Bruxelles è salita alle stelle. Da una parte, la Commissione Europea insiste sull’apertura delle piattaforme, imponendo a Apple di rendere interoperabili tecnologie finora esclusive come AirDrop e il pairing rapido degli AirPods. Dall’altra, Apple risponde con una minaccia concreta: togliere o limitare queste funzioni in Europa, piuttosto che cedere il controllo del proprio ecosistema.

Ricordo bene il precedente della USB-C: Apple ha dovuto adeguarsi, così come ha dovuto aprire all’App Store alternativo e consentire agli sviluppatori di pubblicizzare offerte esterne. Ma stavolta il rischio è più alto. Funzioni come Apple Intelligence e iPhone Mirroring sono state escluse dal rollout europeo, almeno inizialmente. Apple Intelligence è poi rientrata, ma iPhone Mirroring resta ancora assente. E non si tratta solo di dettagli tecnici: per molti utenti, queste sono le caratteristiche che giustificano il prezzo premium dei prodotti Apple.

Il Consumer Impact è evidente. Un esempio? L’Apple Watch 10, in vendita su Amazon a 329 €, rischia di perdere alcune delle sue funzioni più avanzate se le regole UE venissero applicate in modo rigido. Gli utenti europei si troverebbero così a pagare come altrove per un prodotto più limitato, una sorta di “gabbia d’oro” che potrebbe minare la fiducia nel brand.

Il dilemma tra sicurezza, Privacy Concerns e maggiore apertura è al centro del dibattito. Apple sostiene che aprire AirDrop e altre tecnologie comporterebbe rischi significativi per la privacy dei dati degli utenti. La posizione ufficiale è chiara: “Privacy significa che neanche Apple dovrebbe vedere i tuoi dati, ma se apriamo tutto agli altri che succede?” Una domanda che, in effetti, non lascia indifferenti né i consumatori né i regolatori.

Eppure, la promessa di più libertà rischia di trasformarsi in un paradosso. Il Digital Markets Act nasce per offrire maggiore scelta e abbattere i monopoli digitali, ma la risposta delle aziende potrebbe penalizzare proprio gli utenti che si vorrebbero tutelare. Se Apple decidesse davvero di ritirare o limitare funzioni chiave in Europa, la percezione del brand potrebbe cambiare radicalmente. Gli utenti si sentirebbero “prigionieri” di un ecosistema chiuso, con meno possibilità di scelta e meno interoperabilità rispetto al resto del mondo.

Le EU Regulations impongono vincoli severi ai cosiddetti “gatekeeper” come Apple, ma la strategia di Cupertino sembra essere quella della resistenza a oltranza. Il rischio, come sottolineano anche diversi analisti, è che la promessa di un mercato digitale più aperto si traduca in una maggiore insoddisfazione e diffidenza tra i consumatori europei.

In questo scenario, la grande promessa dell’interoperabilità si scontra con la realtà di un mercato frammentato, dove ogni scelta regolatoria può avere effetti imprevisti. Come mostra la cronaca recente, il Digital Markets Act può offrire maggiore scelta, ma rischia di penalizzare gli utenti se le aziende rispondono limitando servizi in Europa. E la partita, almeno per ora, è tutt’altro che chiusa.


Wild Card: Se domani l’iPhone fosse solo un telefono? (Analogia, ipotesi e futuro)

Seguendo da vicino il braccio di ferro tra Apple e l’Unione Europea sul Digital Markets Act, non posso fare a meno di chiedermi: e se davvero, domani, l’iPhone in Europa diventasse solo un telefono? Un dispositivo elegante, sì, ma ridotto alle funzioni basilari, come chiamate e messaggi. Un’ipotesi che fino a poco tempo fa sarebbe sembrata fantascienza, ma che oggi, tra ricorsi, minacce e regolamenti, non appare più così remota.

Mi viene in mente una scena familiare: alcuni miei amici, per scelta o nostalgia, usano ancora vecchi telefoni senza funzioni smart. Li guardo con un misto di curiosità e incredulità, soprattutto pensando a quanto oggi uno smartphone sia diventato il centro della nostra vita digitale. Ma se Apple decidesse di limitare drasticamente le funzioni dei suoi dispositivi in Europa, potremmo trovarci tutti nella stessa situazione. Sarebbe un ritorno al passato, ma con prezzi da futuro: pagare cifre elevate per un prodotto che offre meno, solo perché le regole impongono restrizioni che l’azienda non vuole (o non può) accettare.

Questa visione provoca un senso di straniamento. È come viaggiare in prima classe, ma con il finestrino oscurato: hai pagato per l’esperienza completa, ma ti viene negata una parte fondamentale del viaggio. E qui si apre il vero nodo della questione: cosa significa davvero innovazione? E, soprattutto, chi decide quali limiti sono accettabili in nome della concorrenza e della libertà di scelta?

Il Digital Markets Act nasce con l’obiettivo di aumentare la concorrenza e offrire ai consumatori europei più possibilità di scelta. In teoria, una maggiore interoperabilità dovrebbe portare benefici concreti: più app store, più servizi, più libertà. Ma la realtà, come spesso accade, è più complessa. Apple, designata ufficialmente come “gatekeeper” dalla Commissione Europea, si trova ora costretta a rivedere il proprio modello di business. Le richieste di apertura verso terze parti – come l’obbligo di permettere link a sistemi di pagamento esterni o di rendere interoperabili tecnologie proprietarie come AirDrop e AirPods – sono vissute a Cupertino come una minaccia diretta all’integrità dell’ecosistema Apple.

Negli ultimi mesi, abbiamo già visto le prime conseguenze: funzioni come Apple Intelligence e iPhone Mirroring sono state escluse dal rollout europeo, almeno inizialmente, proprio per evitare ulteriori complicazioni normative. E se questa strategia dovesse diventare la norma? Se Apple, per difendere la propria visione di sicurezza e privacy, decidesse di offrire agli utenti europei solo un “guscio vuoto”, privato delle innovazioni che hanno reso l’iPhone un’icona globale?

La posta in gioco è altissima. Da una parte, la Commissione Europea rischia di alienarsi milioni di consumatori, che potrebbero sentirsi penalizzati da regole percepite come punitive. Dall’altra, Apple rischia di logorare la propria reputazione, apparendo chiusa e poco incline al dialogo. In mezzo, ci sono gli utenti: costretti a scegliere tra la promessa di maggiore libertà e la realtà di dispositivi meno completi.

“Innovazione è rischiare il malcontento nel presente per assicurare la libertà di scelta nel futuro.”

Alla fine, questa “wild card” ci invita a riflettere sul vero significato di innovazione e libertà digitale. Le scelte drastiche su funzionalità e interoperabilità, come mostrano i fatti recenti, influenzeranno profondamente il futuro della tecnologia in Europa. Forse la risposta definitiva non esiste ancora, ma una cosa è certa: il prossimo capitolo di questa sfida tra Apple e UE sarà decisivo per tutti noi.

TL;DR: Lo scontro tra Apple e la Commissione Europea sul Digital Markets Act rischia di privare gli utenti europei di funzioni chiave degli iPhone: un caso che porta con sé implicazioni profonde per privacy, innovazione e libera concorrenza. Il futuro dell’ecosistema Apple in Europa è più incerto che mai.

TLDR

Lo scontro tra Apple e la Commissione Europea sul Digital Markets Act rischia di privare gli utenti europei di funzioni chiave degli iPhone: un caso che porta con sé implicazioni profonde per privacy, innovazione e libera concorrenza. Il futuro dell’ecosistema Apple in Europa è più incerto che mai.

Rate this blog
Bad0
Ok0
Nice0
Great0
Awesome0

More from InnovateBlog